sabato 2 maggio 2009

High Table

Questa la devo proprio raccontare.

Al ritorno da una magnifica e produttiva settimana a Cambridge e dopo tre giorni a Londra con i miei, mi sono risistemato nella mia casetta di Oxford, pronto per affrontare le utlime due settimane inglesi e con il forte proposito di godermele appieno.

Una prima occasione mi è stata offerta dall'invito del mio ospite accademico, Ghosh, a una formal dinner presso il suo college, il Trinity. Questo sorge nel pienissimo centro, a due passi dalla biblioteca Bodleiana dove, da qualche mese a questa parte, trascorro le mie pacifiche giornate di studio. L'invito, molto stringato, recitava: «At 7 sharp, Jacket and Tie».

Poco prima delle sette, nel bagno della Bodleian, faccio il nodo alla cravatta e mi avvio verso il College, lasciando tutte le mie cose sul tavolo; la biblioteca chiude alle 22 a Oxford (quelle dei College sono aperte 24 ore su 24, 7 giorni su 7...) e la cena è alle 7: Avrò tutto il tempo per ritirarle dopo - penso, mentre risalgo Broad Street.

Ghosh mi aspetta puntuale al cancello: oltre all'abito, indossa anche la toga di ordinanza. Con noi c'è un altro dottorando che studia qui a Oxford. Prima di salire nella bella hall, Ghosh ci porta nella Senior Room (un tempo il fumoir, mi spiega) per un bicchiere di sherry. Molto posh!

La hall è gremita di studenti che chiacchierano rumorosamente; in fondo, su una pedana alta una trentina di cenimetri, è l'high table, il tavolo nobile dei fellows e dei loro ospiti. A differenza degli studenti, tutti gli scholars attorno al tavolo stanno in piedi dietro la sedia, e così faccio anch'io. Dopo qualche minuto, sento un forte colpo (scoprirò poi, provocato da un martello di legno): tutti gli studenti si alzano e cala un silenzio irreale. Fa il suo ingresso The President.
Uno studente giovane gli si avvicina e recita una preghiera in latino.

Finalmente ci sediamo! Mi accorgo subito della cura con cui tutto è stato predisposto, a partire dalla mise en place: io siedo alla destra del mio ospite e alla sinistra della moglie spagnola di un docente; mi convinco, a fine serata, di essere di fianco a lei perché siamo gli unici di lingua romanza.

La cena prevede un antipasto, un piatto di pesce, uno di carne e un dessert. Il vino viene servito con sollecitudine dai camerieri. Nel frattempo gli studenti mangiano un piatto unico, molto inglese, e nel giro di mezz'ora hanno finito. La nostra cena è molto più sofisticata e dura un paio d'ore, che scorrono molto piacevoli. D'improvviso, un altro colpo di martello, questa volta sferrato dallo stesso President a tavola, ci impone di alzarci per la recita della preghiera conclusiva. Sono convinto che la cena sia finita e invece i convitati, mentre si sgranchiscono le gambe, camminano ordinatamente - e io con loro - attraverso il quad, il cortile principale, sino a raggiungere una stanza al pianterreno.

Questo nuovo ambiente è molto diverso dal precedente, più spoglio (nella hall eravamo circondati da dipinti secenteschi di regine inglesi e masters del College), e illuminato da candele. La tavola ci accoglie con diversi piatti di frutta e pasticcini. Quattro bottiglie (porto, madera, cognac, vino passito) vengono fatte passare da destra a sinistra dai convenuti, mentre i camerieri non sono più dei nostri. Qui vengo fatto sedere a sinistra del President, mentre alla sua destra l'altro dottorando (probabilmente perché di Oxford). Scopro che il President è l'ex ambasciatore britannico in Italia ed è di madre napoletana. Anche qui, nulla sembra lasciato al caso.

Quando lasciamo la stanza sono le 9.45 e io credo di essere ancora in tempo per recuperare libri e i quaderni in Bodleian. Invece, per mia sorpresa, la maratona continua, perché torniamo nel fumoir già esplorato con Ghosh ore prima. Qui si continua a chiacchierare e a mangiare qualche cioccolatino alla menta, ma soprattutto ad aggravare con preoccupante determinazione il già altissimo tasso alcolico, a botte di whisky e cognac!

Qui, con Ghosh e il collega oxoniense chiacchieriamo a lungo, facendo sia gossip accademico, sia conversazione sui nostri gusti musicali, sia confrontandoci su alcuni temi di attualità diversamente affrontati nei nostri Paesi (Ghosh è indiano, il collega è Sudafricano).

Quando esco dal Trinity, mi rendo conto che il mio soggiorno inglese non sarebbe stato completo senza un'esperienza fuori dal tempo e fuori dal comune come questa! Fortunatamente sono un buon bicchiere, altrimenti non so come avrei fatto ad affrontare la biciclettata dopo la lunga serata alcolica. Mi chiedo anche come possano i locali sopravvivere a tutto ciò, considerate la frequenza delle loro formal dinners, l'età non sempre verdissima, ma anche la qualità del loro lavoro la mattina seguente!

L'epilogo dell'avventura è felice, perché non solo sono arrivato a casa sano e salvo (e ho pure dovuto sforzarmi e continuare a parlare in inglese, perché Simona aveva un'opsite locale), ma il mattino dopo trovo tutte le mie cose sul tavolo, esattamente come le avevo lasciate.

Vi mando un abbraccio e a presto, prima del mio rientro.
Gigi

2 commenti:

  1. uh che bel racconto!
    proprio quel che ci vuole per una buona domenica di pantofole e computer, nel relax del dopo-scout.
    a presto

    giulia

    RispondiElimina
  2. Ti ci vedo proprio seduto sull'high table, con sguardo soddisfatto e un po' rubicondo, mentre ti versano da bere e attacchi con passione la carne mentre cerchi di ascoltare l'argomento di discussione tra il presidente e un fellow. Complimentoni! un pezzo davvero speciale della vita oxoniense.

    RispondiElimina